La Letteratura in Sicilia
Dalla scuola poetica ai giorni nostri
La letteratura italiana deve molto alla Sicilia. Fu infatti qui che nell’ambiente florido della corte di Federico II di Svevia che nacque la poesia in lingua volgare (1194-1250). All’epoca molti esponenti del ceto laico e colto si raccoglievano intorno alla sua corte e per evadere dalle noiose routine quotidiane coltivarono la letteratura prendendo come modello le tematiche della letteratura provenzale cantavano dell’ ”amor cortese” ma in una lingua completamente nuova, dando così vita alla scuola poetica Siciliana.
Secondo Dante, che per primo rilevò l’importanza storica e artistica di questo gruppo, il capo scuola dei siciliani fu Jacopo da Lentini, l’inventore del sonetto, l’innovazione metrica più originale ed innovativa della scuola. Purtroppo però, nonostante l’indiscussa importanza storica che la scuola Siciliana possiede, essa non ebbe sviluppi poiché troppo legata alla fortuna della corte di Federico II tanto che si dissolse quando la dinastia Sveva conobbe la sua fine.
Tra i primi anni del 300 e la metà del 400 la cultura umanistica diffuse l’importanza della filologia, tanto che i personaggi di spicco del periodo, come Giovanni Aurispa e Antonio Beccatelli, il primo nato a Noto ed il secondo a Palermo, si dedicarono quasi esclusivamente a dar nuova vita a testi antichi, senza donare contributi originali, ma producendo materiale importantissimo dal punto di vista accademico.
Il 600 vide un notevole sviluppo delle idee manieriste. I massimi rappresentanti del periodo furono Giambattista Marino esponente dell’arzigogolato Barocco letterario, ed il poeta e drammaturgo Giuseppe Artale.
Il 700 invece è caratterizzato movimento dell’Arcadia, accademia letteraria che propugna la reazione al manierismo proponendo un ritorno ai grandi classici come riferimento.
Per avere di nuovo opere di primo piano, bisogna aspettare l’800 quando la Sicilia vivrà la seconda grande stagione della sua cultura letteraria..Degno di nota è Giovanni Meli, medico, abate, professore e poeta esponente del ritorno all’antica tradizione bucolica della Sicilia. Alla fine del secolo si diffonderà il neoclassicismo. Decisive furono, per l’affermarsi di questa nuova corrente, le scoperte archeologiche di Johan Winckelmann che nella sua storia del’arte antica pone come ideale di perfezione l’arte classica. L’archeologo e scrittore Ignazio Paternò Castello, principe di Biscari (Catania 1719 – 1786) fondò l’accademia degli etnei e condusse numerosi scavi archeologici in tutta la Sicilia, tanto che aprì un museo all’interno del suo palazzo barocco.
Da menzionare ancora l’ottimo poeta e traduttore Mario Rapisardi (1844 – 1912) che deve il suo successo anche alle spietate e spesso immotivate critiche di Giosuè Carducci. Piccola curiosità: il carattere già ribelle si esasperò a seguito di queste continue liti con il Carducci e a causa della separazione dalla moglie, innamoratasi del Verga!
Il Verismo
Con il verismo, sorto intorno al 1870, la letteratura Siciliana vive un nuovo periodo. Il verismo teorizzò e produsse una narrativa piuttosto attenta ai problemi umani e sociali, volta a dare una rappresentazione della vita e del mondo attenta e fedele alla realtà. I maggiori esponenti di questo movimento furono Luigi Capuana (Mineo 1839 – Catania 1915), Giovanni Verga (Catania 1840 – 1922) e Federico de Roberto. Il primo fu il maggiore teorico del verismo e la sua opera più famosa è Il “Marchese di Rocca verdina”, storia di una lotta tra un uomo criminale e violento che viveva fuori dalle legge morale e l’inesorabilità della stessa legge. L’esponente più famoso ai più, invece, fu proprio Verga nato da una famiglia modesta e dalle antiche tradizioni del paesino di Vizzini. Dopo i primi lavori legati ancora al romanticismo (come “storia di una capinera”, “una peccatrice” ecc..) nascono successivamente i suoi più illustri ed originali lavori, quali le “Novelle rusticane”, “Vita dei Campi” ed i famosissimi romanzi dell’opera” I Vinti”, rimasta incompiuta: “I Malavoglia” e “Mastro don Gesualdo”. A chiudere la triade verista è Federico de Roberto, allievo del Verga, che ci ha regalato “I Viceré” (1894), ovvero la storia del declino di un’aristocrazia famiglia catanese, gli Uzeda, un romanzo dal quale è stato tratto l’omonimo film.
Il teatro e Pirandello
Fino ai primi anni del ‘900 domina il teatro che tende a rappresentare la vita quotidiana, soprattutto nelle sue tematiche amorose. I più grandi cambiamenti culturali furono scatenati dalla forza e dall’orrore della guerra mondiale: nasce in questo periodo il teatro del grottesco, che sulla scia Shakespeariana fonde il comico ed il tragico, analizzando la vita con un gusto agrodolce. Tra i suoi rappresentanti annoveriamo Enrico Cavicchioli (Pazzalio 1885 – 1954) ed il Caltanissettese Pier Maria Rosso, la cui fama è stata oscurata dalla fortuna di Luigi Pirandello (Agrigento 1867 – Roma 1936), il più grande tra gli scrittori di teatro Siciliani.
La grandezza di questo autore consiste nell’aver inventato un teatro nuovo, con personaggi drammatici e tormentati, uomini agitati da dubbi ossessivi, afflitti da problemi insolubili, prigionieri di apparenze che si sovrappongono alla realtà, il più delle volte, celandola. Della ricca produzione ricordiamo il romanzo “il fu Mattia Pascal”, “Liolà”, “Così è (se vi pare)”, e l’opera più originale che racchiude in se tutta la problematicità del suo teatro e il senso dell’assurdo, “Sei personaggi in cerca d’autore”.
Da Quasimodo ai nostri giorni
La Sicilia dopo i veristi e Pirandello continua ad essere terra di grandi scrittori. Salvatore Quasimodo (Modica 1901 – Napoli 1968) sensibile all’ermetismo, nelle sua prime poesie tratta la contemplazione della natura nelle varie stagioni e l’amore per la sua terra d’origine per poi spostare, in tempi più maturi, la sua attenzione verso i grandi dilemmi dell’uomo: l’amore, il dolore, e la solitudine dell’essere umano.
Promotore ed anticipatore di numerose correnti, Elio Vittorini nacque a Siracusa ma trascorse l’infanzia in giro per svariate località della Sicilia. La sua fu una produzione davvero ricca, ed il suo capolavoro è senza dubbio “Conversazione in Sicilia”, del 1941, un romanzo atipico, fuori dagli schemi, un esempio della letteratura del periodo per innovazione nella prosa. Nel 1959 fondò, inoltre, con Italo Calvino la rivista Menabò.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa è l’autore de” Il Gattopardo”, pubblicato postumo nel 1958. Ebbe uno straordinario successo tanto che fu la prima opera in Italia a superare le 100 000 copie vendute ed il regista Luchino Visconti ne trasse il celebre film, ormai un cult del cinema italiano.
Vitaliano Brancati, nato a Pachino, scrisse della borghesia della sua regione con un’ironia tipicamente sicula, bonaria in apparenza, ma in realtà profondamente spietata. Il Bell’Antonio fu il romanzo in cui raggiunse la più completa espressione della sua poetica. Profondamente legato alla Sicilia e radicato nella sua terra è Leonardo Sciascia nato a Racalmuto nel 1921. Le sue opere sono coraggiosi atti di accusa, essendo mosso da un vivo impegno civile e politico. Fra le sue opere più importanti ricordiamo “Il giorno della civetta”, “L’Onorevole”, “Candido, ovvero un sogno fatto in Sicilia” per citarne solo alcune. In tutte, però, egli esamina e descrive la realtà, i suoi mali endemici, ne analizza le cause tentando di spiegare le ragioni di questo “modo di essere” siciliano.
Nel 1925 nasce Andrea Camilleri, a Porto Empedocle il papà del commissario Montalbano e fantastico romanziere contamporareo, vanta una produzione ricca e variegata. Gesualdo Bufalino (Comisio 1920) con “Le menzogne della notte”, vinse nel 1988 il prestigioso premio Strega. Tra le figure di spicco del novecento troviamo anche Antonio Pizzuto, scrittore Palermitano che cominciò a pubblicare le sue opere molto tardi, dopo essere andato in pensione. Infine Vincenzo Consolo, scrittore nato a Sant’Agata di Militello nel 1933 e residente a Milano. Consolo ha scritto uno dei più belli libri degli anni ’70, “Il sorriso dell’ignoto marinaio”, libro che resta a tutt’oggi la sua prova migliore. Infine, ecco un elenco di nomi, non esaustivo ovviamente, di autori contemporanei da tenere d’occhio: il poeta Mario Grasso, i due narratori raffinati del calibro di Giuseppe Bonaviri e Michele Perriera, menzione d’onore è dovuta alle signore della letteratura siciliana: Maria Attanasio, poetessa e scrittrice di Caltagirone, Silvana Grasso, nata a Macchia di Giarre, autrice di famose opere come “La pupa di zucchero” e “Disìo” ; Silvana La Spina, figlia di padre siciliano ma nata a Padova, autrice tra le altre opere del nuovo romanzo “Uno sbirro femmina” . Sul fronte maschile le menzioni spettano al palermitano Roberto Alajmo e al siracusano Paolo Di Stefano.
Ed ancora incantevole l’horror romantico di Chiara Palazzolo (“Ti porterò nel sangue”), l a poesia struggente di Anna Vasta in “Sposa del vento”, Giosuè Calaciura , autore di numerosi romanzi di cui, il più recente è” Urbi et orbi”. Insomma, l’elenco sarebbe ancora molto ricco, ma tutto ciò ci serve solo per dire e sottolineare che il fermento letterario e culturale non si è mai arrestato, e la splendida Sicilia, dalle mille contraddizioni, e la sua letteratura di denuncia, di svago, dell’ironia e della diffidenza continua a regalarci grandi opere pregne di orgoglio siculo.
dire che il carattere del poeta Rapisardi, era impetuoso a causa del Carducci o della moglie Evelina, porta fuori strada.
Conoscere chi era veramente richiede anni di studi, ma, da una lettura attenta della sua auto biografia si arriva a conclusioni diverse.
-cordialmente –
Sono assolutamente d’accordo con te!
Per conoscere bene una personalità letteraria ci vogliono anni di studi, approfondimenti critici e tanto amore…
questi articoli non hanno la pretesa di dare informazioni esaustive, converrai con me che riassumere circa 800 anni di storia letteraria in una pagina è quasi impossibile, tra l’altro questo non è un blog di approfondimento letterario ma vuole invogliare i turisti o chiunque abbia curiosità sulla storia della Sicilia ad approfondire gli argomenti in separata sede..Diamo solo degli spunti, lungi da noi avere la pretesa di informare universalmente su argomenti così importanti e vasti.
Era solo una curiosità, è ovvio che lo spirito liberale, ribelle ed impetuoso del Rapisardi era in lui a prescindere dai singoli fatti di vita vissuta, ed a prescindere dal Carducci..sarei una folle se affermassi una cosa del genere!!
Ti ringrazio davvero tanto per lo spunto di riflessione e per la precisazione…
-cari saluti-
A.C.
great…